L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Bipartita che si forma dalle ruine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte d’edera, di spine e d’altre piante selvagge.
 
 MEGACLE trattenuto da AMINTA per una parte e dopo Aristea trattenuta da Argene per l’altra. Ma quelli non veggono queste
 
 MEGACLE
 Lasciami. Invan t'opponi.
 AMINTA
                                                 Ah torna, amico,
 una volta in te stesso. In tuo soccorso
990pronta sempre la mano
 del pescator, ch'or ti salvò dall'onde,
 credimi, non avrai. Si stanca il cielo
 d'assister chi l'insulta.
 MEGACLE
                                           Empio soccorso,
 inumana pietà! Niegar la morte,
995a chi vive morendo. Aminta, oh dio,
 lasciami.
 AMINTA
                    Non fia ver.
 ARISTEA
                                            Lasciami Argene.
 ARGENE
 Non lo sperar.
 MEGACLE
                             Senz'Aristea non posso,
 non deggio viver più.
 ARISTEA
                                          Morir vogl'io
 dove Megacle è morto.
 AMINTA
                                            Attendi. (A Megacle)
 ARGENE
                                                              Ascolta. (Ad Aristea)
 MEGACLE
1000Che attender?
 ARISTEA
                             Che ascoltar?
 MEGACLE
                                                        Non si ritrova
 più conforto per me.
 ARISTEA
                                        Per me nel mondo
 non v'è più che sperar.
 MEGACLE
                                            Serbarmi in vita...
 ARISTEA
 Impedirmi la morte...
 MEGACLE
 Indarno tu pretendi.
 ARISTEA
                                         Invan presumi.
 AMINTA
1005Ferma. (Volendo trattener Megacle che gli fugge)
 ARGENE
                  Senti infelice. (Volendo trattenere Aristea come sopra)
 ARISTEA
                                              Oh stelle! (Incontrandosi a mezzo il teatro)
 MEGACLE
                                                                  Oh numi!
 ARISTEA
 Megacle!
 MEGACLE
                    Principessa!
 ARISTEA
                                             Ingrato! E tanto
 m'odi dunque e mi fuggi,
 che per esserti unita,
 s'io mi affretto a morir, tu torni in vita?
 MEGACLE
1010Vedi a qual segno è giunta,
 adorata Aristea, la mia sventura.
 Io non posso morir; trovo impedite
 tutte le vie per cui si passa a Dite.
 ARISTEA
 Ma qual pietosa mano...
 
 SCENA II
 
 ALCANDRO e detti
 
 ALCANDRO
1015Oh sacrilego! Oh insano!
 Oh scellerato ardir!
 ARISTEA
                                      Vi sono ancora
 nuovi disastri, Alcandro?
 ALCANDRO
                                                In questo istante
 rinasce il padre tuo.
 ARISTEA
 Perché?
 ALCANDRO
                  Già sai che per costume antico
1020questo festivo dì con un solenne
 sacrificio si chiude. Or mentre al tempio
 venia fra suoi custodi
 la sacra pompa a celebrar Clistene,
 perché non so né da qual parte uscito
1025Licida impetuoso
 ci attraversa il cammin. Urta; roverscia
 i sorpresi custodi. Al re s'avventa:
 «Mori», grida fremendo, e gli alza in fronte
 il sacrilego ferro.
 ARISTEA
                                  Oh dio!
 ALCANDRO
                                                   Non cangia
1030il re sito o color. Severo il guardo
 gli ferma in faccia; e in grave suon gli dice:
 «Temerario! Che fai?» Vedi se 'l cielo
 veglia in cura de' re. Gela a que' detti
 il giovane feroce; il braccio in alto
1035sospende in mezzo il colpo; il regio aspetto
 attonito rimira; impallidisce;
 incomincia a tremar; gli cade il ferro;
 e dal ciglio, che tanto
 minaccioso parea, prorompe in pianto.
 ARISTEA
1040Respiro.
 ARGENE
                   Oh folle!
 AMINTA
                                     Oh sconsigliato!
 ARISTEA
                                                                    Ed ora
 il genitor che fa?
 ALCANDRO
                                  Di lacci avvolto
 ha il colpevole innanzi.
 AMINTA
                                            (Ah si procuri
 di salvar l'infelice). (Parte)
 MEGACLE
 E Licida che dice?
 ALCANDRO
                                    Alle richieste
1045nulla risponde. È reo di morte e pare
 che nol sappia, o nol curi. Ognor piangendo
 il suo Megacle chiama; a tutti il chiede,
 lo vuol da tutti; e fra' suoi labbri, come
 altro non sappia dir, sempre ha quel nome.
 MEGACLE
1050Più resister non posso. Al caro amico
 per pietà, chi mi guida?
 ARISTEA
                                               Incauto! E quale
 sarebbe il tuo disegno? Il genitore
 sa che tu l'ingannasti;
 sa che Megacle sei. Perdi te stesso
1055presentandoti al re, non salvi altrui.
 MEGACLE
 Col mio prencipe insieme
 almen mi perderò. (In atto di partire)
 ARISTEA
                                      Senti. E non stimi
 consiglio assai miglior che 'l padre offeso
 vada a placargli io stessa?
 MEGACLE
                                                 Ah che di tanto
1060lusingarmi non so.
 ARISTEA
                                     Sì. Questo ancora
 per te si faccia.
 MEGACLE
                               O generosa, o grande,
 o pietosa Aristea. Ben lo diss'io,
 quando pria ti mirai, che tu non eri
 cosa mortal. Va', mio conforto...
 ARISTEA
                                                           Ah basta;
1065non fa d'uopo di tanto.
 Un sol de' guardi tuoi
 mi costringe a voler ciò che tu vuoi.
 
    Caro, son tua così
 che, per virtù d'amor,
1070i moti del tuo cor
 risento anch'io.
 
    Mi dolgo al tuo dolor;
 gioisco al tuo gioir;
 ed ogni tuo desir
1075diventa il mio. (Parte)
 
 SCENA III
 
 MEGACLE ed ARGENE
 
 MEGACLE
 Ah secondate, o numi,
 la pietà d'Aristea.
 ARGENE
                                   Deh tanta cura
 non prender di costui. Vedi che 'l cielo
 è stanco di soffrirlo. Al suo destino
1080lascialo in abbandono.
 MEGACLE
 Lasciar l'amico? Ah così vil non sono.
 
    Lo seguitai felice,
 quand'era il ciel sereno;
 alle tempeste in seno
1085voglio seguirlo ancor.
 
    Come dell'oro il fuoco
 scuopre le masse impure,
 scuoprono le sventure
 de' falsi amici il cor. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ARGENE, poi AMINTA
 
 ARGENE
1090E pure a mio dispetto
 sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi,
 n'ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all'ira,
 mentre il labbro minaccia, il cor sospira.
 AMINTA
 Misero dove fuggo? Oh dì funesto!
1095Oh Licida infelice!
 ARGENE
                                     È forse estinto?
 AMINTA
 No; ma il sarà fra poco.
 ARGENE
 Povero prence! Oh dio!
 AMINTA
 Che giova il pianto?
 ARGENE
                                       Ed Aristea non giunse?
 AMINTA
 Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole
1100o non può compiacerla.
 ARGENE
 E Megacle?
 AMINTA
                        Il meschino
 ne' custodi s'avvenne
 che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai
 chieder fra le catene
1105di morir per l'amico. E se non fosse
 ancor ei delinquente,
 ottenuto l'avria. Ma un reo per l'altro
 morir non può.
 ARGENE
                               L'ha procurato almeno.
 O forte! O generoso! Ed io l'ascolto
1110senza arrossir? Dunque ha più saldi nodi
 l'amistà che l'amore? Ah quali io sento
 d'un'emula virtù stimoli al fianco.
 Sì; rendiamoci illustri; infin che dura
 parli il mondo di noi; faccia il mio caso
1115meraviglia e pietà; né si ritrovi
 nell'universo tutto
 chi ripeta il mio nome a ciglio asciutto.
 
    Fiamma ignota nell'alma mi scende;
 sento il nume; m'inspira, m'accende,
1120di me stessa mi rende maggior.
 
    Ferri, bende, bipenni, ritorte,
 pallid'ombre compagne di morte,
 già vi guardo ma senza terror. (Parte)
 
 SCENA V
 
 AMINTA solo
 
 AMINTA
 Fuggi, salvati, Aminta; in queste sponde
1125tutto è orror, tutto è morte. E dove, oh dio,
 senza Licida io vado? Io l'educai
 con sì lungo sudore; a reggie fasce
 io l'inalzai da sconosciuta cuna;
 ed or potrei senz'esso
1130partir così? No. Si ritorni al tempio;
 si vada incontro all'ira
 dell'oltraggiato re; Licida involga
 me ancor ne' falli sui;
 si mora di dolor, ma accanto a lui.
 
1135   Son qual per mare ignoto
 naufrago passaggiero,
 già con la morte a nuoto
 ridotto a contrastar.
 
    Ora un sostegno ed ora
1140perde una stella; alfine
 perde la speme ancora
 e s'abbandona al mar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in diversi piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all’intorno de’ sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori.
 
 CLISTENE che scende dal tempio preceduto da numeroso popolo, da’ suoi custodi, da LICIDA in bianca veste, coronato di fiori, da ALCANDRO e dal coro de’ sacerdoti, de’ quali alcuni portano sopra bacili d’oro gli stromenti del sacrificio
 
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
 ah sospendi, gran padre de' numi,
1145ah deponi, gran nume de' re.
 
 CLISTENE
 Giovane sventurato, ecco vicino
 de' tuoi miseri dì l'ultimo istante.
 Tanta pietade, e mi punisca Giove
 se adombro il ver, tanta pietà mi fai
1150che non oso mirarti. Il ciel volesse
 che potess'io dissimular l'errore.
 Ma non lo posso, o figlio. Io son custode
 della ragion del trono. Al braccio mio
 illesa altri la diede;
1155e renderla degg'io
 illesa, o vendicata a chi succede.
 Obbligo di chi regna
 necessario è così com'è penoso
 il dover con misura esser pietoso.
1160Pur se nulla ti resta
 a desiar, fuor che la vita, esponi
 libero il tuo desire. Esserne io giuro
 fedele esecutor. Quanto ti piace,
 figlio, prescrivi; e chiudi i lumi in pace.
 LICIDA
1165Padre, che ben di padre,
 non di giudice e re, que' detti sono,
 non merito perdono,
 non lo spero, nol chiedo e nol vorrei.
 Afflisse i giorni miei
1170di tal modo la sorte
 ch'io la vita pavento e non la morte.
 L'unico de' miei voti
 è il riveder l'amico
 pria di spirar. Già ch'ei rimase in vita,
1175l'ultima grazia imploro
 d'abbracciarlo una volta e lieto io moro.
 CLISTENE
 T'appagherò. Custodi, (Alle guardie)
 Megacle a me.
 ALCANDRO
                             Signor, tu piangi? E quale
 eccessiva pietà l'alma t'ingombra?
 CLISTENE
1180Alcandro, lo confesso,
 stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio,
 la voce di costui nel cor mi desta
 un palpito improvviso
 che lo risente in ogni fibra il sangue.
1185Fra tutti i miei pensieri
 la cagion ne ricerco e non la trovo.
 Che sarà, giusti dei, questo ch'io provo!
 
    Non so donde viene
 quel tenero affetto,
1190quel moto che ignoto
 mi nasce nel petto,
 quel gel che le vene
 scorrendo mi va.
 
    Nel seno a destarmi
1195sì fieri contrasti
 non parmi che basti
 la sola pietà.
 
 SCENA VII
 
 MEGACLE fra le guardie e detti
 
 LICIDA
 Ah vieni illustre esempio
 di verace amistà. Megacle amato,
1200caro Megacle, vieni.
 MEGACLE
                                       Ah qual ti trovo,
 povero prence!
 LICIDA
                               Il rivederti in vita
 mi fa dolce la morte.
 MEGACLE
                                        E che mi giova
 una vita che invano
 voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,
1205Licida, non andrai. Noi passeremo
 ombre amiche indivise il guado estremo.
 LICIDA
 O delle gioie mie, de' miei martiri,
 finché piacque al destin, dolce compagno
 separarci convien... Poiché siam giunti
1210agli ultimi momenti,
 quella destra fedel porgimi e senti;
 sia preghiera o comando,
 vivi; io bramo così. Pietoso amico,
 chiudimi tu di propria mano i lumi;
1215ricordati di me. Ritorna in Creta
 al padre mio... (Povero padre! a questo
 preparato non sei colpo crudele).
 Deh tu l'istoria amara
 raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
1220reggi, assisti, consola,
 lo raccomando a te. Se piange, il pianto
 tu gli asciuga sul ciglio;
 e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
 MEGACLE
 Taci. Mi fai morir.
 CLISTENE
                                     Non posso, Alcandro,
1225resister più. Guarda que' volti; osserva
 que' replicati amplessi,
 que' teneri sospiri e que' confusi
 fra le lagrime alterne ultimi baci.
 Povera umanità!
 ALCANDRO
                                  Signor, trascorre
1230l'ora permessa al sacrificio.
 CLISTENE
                                                    È vero.
 Olà, sacri ministri,
 la vittima prendete. E voi, custodi,
 dall'amico infelice
 dividete colui. (Sono divisi da’ sacerdoti e da’ custodi)
 MEGACLE
                              Barbari! Ah voi
1235avete dal mio sen svelto il cor mio.
 LICIDA
 Ah dolce amico!
 MEGACLE
                                Ah caro prence!
 LICIDA, MEGACLE
                                                               Addio.
 LICIDA
 
    Dolce amico ai giorni tuoi
 quegli aggiunga il ciel pietoso
 che il destino invola a me.
 
 MEGACLE
 
1240   Ah! di Lete il guado ombroso
 voglio anch'io varcar con te.
 
 CLISTENE
 
    Che momento tormentoso!
 pena, oh dio! maggior non v'è.
 
 LICIDA
 
    Viver dei.
 
 MEGACLE
 
                         Che cenno è questo!
 
 CLISTENE
 
1245Che spettacolo funesto!
 
 LICIDA
 
 Dammi...
 
 MEGACLE
 
                     Prendi...
 
 LICIDA E MEGACLE
 
                                       Un altro amplesso.
 
 A TRE
 
 Non resisto al fiero eccesso
 del tiranno affanno mio.
 
 MEGACLE
 
 Prence...
 
 LICIDA
 
                   Amico...
 
 MEGACLE, LICIDA
 
                                     Oh stelle! Addio.
 CORO
 
1250   I tuoi strali terror de' mortali
 ah sospendi, gran padre de' numi,
 ah deponi, gran nume de' re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginochiarsi a piè dell’ara appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scure che gli vien presentata sopra un bacile da uno de’ ministri del tempio. E nel porgerla al sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia)
 
 CLISTENE
 O degli uomini padre e degli dei
 onnipotente Giove,
1255al cui cenno si muove
 il mar, la terra, il ciel, di cui ripieno
 è l'universo, e dalla man di cui
 pende d'ogni cagione e d'ogni evento
 la connessa catena,
1260questa che a te si svena
 sacra vittima accogli; essa i funesti
 che ti splendono in man folgori arresti. (Nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)
 
 SCENA VIII
 
 ARGENE e detti
 
 ARGENE
 Fermati, o re. Fermate,
 sacri ministri.
 CLISTENE
                             Oh insano ardir! Non sai,
1265ninfa, qual opra turbi?
 ARGENE
                                            Anzi più grata
 vengo a renderla a Giove. Una io vi reco
 vittima volontaria ed innocente
 che ha valor, che ha desio
 di morir per quel reo.
 CLISTENE
                                           Qual è?
 ARGENE
                                                            Son io.
 MEGACLE
1270(Oh bella fede!)
 LICIDA
                                (Oh mio rossor!)
 CLISTENE
                                                                 Dovresti
 saper che al debil sesso
 pel più forte morir non è permesso.
 ARGENE
 Ma il morir non si vieta
 per lo sposo a una sposa. In questa guisa
1275so che al tessalo Admeto
 serbò la vita Alceste; e so che poi
 l'esempio suo divenne legge a noi.
 CLISTENE
 Che perciò? Sei tu forse
 di Licida consorte?
 ARGENE
                                      Ei me ne diede
1280in pegno la sua destra e la sua fede.
 CLISTENE
 Licori, io che t'ascolto
 son più folle di te. D'un regio erede
 una vil pastorella
 dunque...
 ARGENE
                     Né vil son io,
1285né son Licori. Argene ho nome; in Creta
 chiara è del sangue mio la gloria antica;
 e se giurommi fé Licida il dica.
 CLISTENE
 Licida, parla.
 LICIDA
                           (È l'esser menzognero
 questa volta pietà). No, non è vero.
 ARGENE
1290Come! E negar lo puoi? Volgiti, ingrato,
 riconosci i tuoi doni,
 se me non vuoi. L'aureo monile è questo
 che nel punto funesto
 di giurarmi tua sposa
1295ebbi da te. Ti risovvenga almeno
 che di tua man me ne adornasti il seno.
 LICIDA
 (Purtroppo è ver).
 ARGENE
                                    Guardalo, o re.
 CLISTENE
                                                                 Dinanzi (Alle guardie che vogliono allontanarla a forza)
 mi si tolga costei.
 ARGENE
                                   Popoli, amici,
 sacri ministri, eterni dei, se pure
1300n'è alcun presente al sacrificio ingiusto,
 protesto innanzi a voi; giuro ch'io sono
 sposa a Licida e voglio
 morir per lui; né... Principessa, ah vieni
 soccorrimi; non vuole
1305udirmi il padre tuo.
 
 SCENA IX
 
 ARISTEA e detti
 
 ARISTEA
                                       Credimi, o padre,
 è degna di pietà.
 CLISTENE
                                  Dunque volete
 ch'io mi riduca a delirar con voi?
 Parla. Ma siano brevi i detti tuoi. (Ad Argene)
 ARGENE
 Parlino queste gemme, (Porge il monile a Clistene)
1310io tacerò. Van di tai fregi adorne
 in Elide le ninfe?
 CLISTENE
                                   Aimè. Che miro! (Lo guarda e si turba)
 Alcandro, riconosci
 questo monil?
 ALCANDRO
                             Se 'l riconosco? È quello
 che al collo avea, quando l'esposi all'onde,
1315il tuo figlio bambin.
 CLISTENE
                                       Licida. (Oh dio!
 Tremo da capo a piè). Licida, sorgi;
 guarda; è ver che costei
 l'ebbe in dono da te?
 LICIDA
                                         Però non debbe
 morir per me. Fu la promessa occulta;
1320non ebbe effetto e col solenne rito
 l'imeneo non si strinse.
 CLISTENE
                                             Io chiedo solo
 se 'l dono è tuo.
 LICIDA
                               Sì.
 CLISTENE
                                       Da qual man ti venne?
 LICIDA
 A me donollo Aminta.
 CLISTENE
                                           E questo Aminta
 chi è?
 LICIDA
               Quello a cui diede
1325il genitor degli anni miei la cura.
 CLISTENE
 Dove sta?
 LICIDA
                     Meco venne;
 meco in Elide è giunto.
 CLISTENE
 Questo Aminta si cerchi.
 ARGENE
                                                Eccolo appunto.
 
 SCENA X
 
 AMINTA e detti
 
 AMINTA
 Ah Licida... (Vuol abbracciarlo)
 CLISTENE
                         T'accheta.
1330Rispondi e non mentir. Questo monile
 donde avesti?
 AMINTA
                             Signor, da mano ignota,
 già scorse il quinto lustro
 ch'io l'ebbi in don.
 CLISTENE
                                     Dov'eri allor?
 AMINTA
                                                                Là dove
 in mar presso a Corinto
1335sbocca il torbido Asopo.
 ALCANDRO
                                              (Ah ch'io rinvengo (Guardando attentamente Aminta)
 delle note sembianze
 qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno;
 certo egli è desso). Ah d'un antico errore, (Inginocchiandosi)
 mio re, son reo. Deh mel perdona. Io tutto
1340fedelmente dirò.
 CLISTENE
                                  Sorgi, favella.
 ALCANDRO
 Al mar, come imponesti,
 non esposi il bambin; pietà mi vinse.
 Costui straniero, ignoto
 mi venne innanzi e gliel donai, sperando
1345che in rimote contrade
 tratto l'avrebbe.
 CLISTENE
                                E quel fanciullo, Aminta,
 dov'è? Che ne facesti?
 AMINTA
                                           Io... (Quale arcano
 ho da scoprir!)
 CLISTENE
                              Tu impallidisci? Parla,
 empio, di', che ne fu? Taccendo aggiungi
1350all'antico delitto error novello.
 AMINTA
 L'hai presente, o signor; Licida è quello.
 CLISTENE
 Come! Non è di Creta
 Licida il prence?
 AMINTA
                                  Il vero prence in fasce
 finì la vita. Io ritornato appunto
1355con lui bambino in Creta, al re dolente
 l'offersi in dono; ei dell'estinto invece
 al trono l'educò per mio consiglio.
 CLISTENE
 Oh numi, ecco Filinto, ecco il mio figlio! (Abbracciandolo)
 ARISTEA
 Stelle!
 LICIDA
               Io tuo figlio?
 CLISTENE
                                         Sì. Tu mi nascesti
1360gemello ad Aristea. Delfo m'impose
 d'esporti al mar bambino, un parricida
 minacciandomi in te.
 LICIDA
                                          Comprendo adesso
 l'orror che mi gelò, quando la mano
 sollevai per ferirti.
 CLISTENE
                                     Adesso intendo
1365l'eccessiva pietà che nel mirarti
 mi sentivo nel cor.
 AMINTA
                                     Felice padre!
 ALCANDRO
 Oggi molti in un punto
 puoi render lieti.
 CLISTENE
                                  E lo desio. D'Argene
 Filinto il figlio mio,
1370Megacle d'Aristea vorrei consorte;
 ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte.
 MEGACLE
 Non è più reo, quando è tuo figlio.
 CLISTENE
                                                                È forse
 la libertà de' falli
 permessa al sangue mio? Qui viene ogni altro
1375a dimostrar valor; l'unico esempio
 esser degg'io di debolezza? Ah questo
 di me non oda il mondo. Olà ministri,
 risvegliate su l'ara il sacro fuoco.
 Va', figlio e mori. Anch'io morrò fra poco.
 AMINTA
1380Che ingiustizia inumana!
 ALCANDRO
 Che barbara virtù!
 MEGACLE
                                     Signor, t'arresta.
 Tu non puoi condannarlo. In Sicione
 sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno
 a cui tu presiedesti. Il reo dipende
1385dal publico giudicio.
 CLISTENE
                                        E ben s'ascolti
 dunque il publico voto. A pro del reo
 non prego, non comando e non consiglio.
 
 CORO DI SACERDOTI E POPOLO
 
    Viva il figlio delinquente,
 perché in lui non sia punito
1390l'innocente genitor.
 
    Né funesti il dì presente,
 né disturbi il sacro rito
 un'idea di tanto orror.
 
 Fine dell’atto terzo